UN GENUINO POPOLANO BOLOGNESE : PIETRO FERRI DETTO “LUVEIN”

Pietro Ferri detto Luvein

 

Bologna, città dotta che ospita la più antica università del mondo e che ha dato i natali a uomini e donne illustri in tante e diverse discipline, è sempre stata ricordata anche per la bonomia e la genuinità dei suoi abitanti.

Uno dei popolani più intraprendenti, goderecci ed arguti che alimentò questo mito visse nell’Ottocento: era Pietro Ferri, detto “Luvein”. Nato nel 1821 nel popolare quartiere del Borgo di San Pietro era dunque di origini umilissime. Dotato di forza erculea, tarchiato, con il collo corto e la faccia rubizza, era considerato capace di prodezze significative. Aveva combattuto nella milizia popolare nel 1849 e si era distinto per il coraggio di cui diede prova durante la settimana del bombardamento austriaco. Il soprannome con cui era noto –“Luvein”- indicava proprio la sua provenienza: il lupino, infatti, era uno dei legumi alla base dell’alimentazione dei poveri.

Dapprima facchino della balla, si arricchì con il commercio del pesce, delle pelli e dei rifiuti ma, soprattutto, con la raccolta del concime di cavalli e buoi che raccoglieva dalle strade cittadine e con l’attività di spurgo di quelli che noi oggi definiamo “pozzi neri”.

Pur diventato molto ricco, restò fedele ai costumi di quel quartiere che lo aveva visto nascere e non si concesse mai alcuna di quelle esteriorità proprie dei nuovi ricchi; la sua forza, la sua schiettezza e la sua onestà rimasero inalterate. Anche la sua abitazione rimase nella via dove era nato. Tutte le cronache a lui contemporanee lo descrivono sempre vestito nello stesso modo: con i panni da lavoro e il tipico berretto da popolano. Persino la sua tomba in Certosa lo raffigura così: con una camicia di tela grezza aperta sul petto, il berretto sul capo e un sorriso stampato sulle labbra.

Il suo temperamento gioviale e scherzoso rese leggendari alcuni episodi di cui fu protagonista. Uno valga per tutti: nel 1873 al teatro Contavalli si rappresentava con successo la commedia “La gran cuccagna”. Per la veridicità della scena occorreva che un asino fosse condotto in palcoscenico e “Luvein” tutte le sere si caricava il povero animale –peraltro di sua proprietà- sulle spalle e, dopo aver scalato i gradini a quattro a quattro, lo depositava sul pavimento. Giuseppe Fornasini, autore della guida “La chiesa priorale e parrocchiale di Santa Maria e San Domenico detta della Mascarella”,  scrisse testualmente: “Per quell’asino i bolognesi fecero addirittura pazzie (), una folla di gente, su due fila, all’ingresso del teatro Contavalli, si radunava ogni sera per ammirare Pietro Ferri…”.

Sua moglie, Maddalena Orlandi, non era meno celebre di lui e neppure meno risoluta e buona d’animo. Nel 1883 –celebrandosi gli Addobbi nella parrocchia- fu grazie alla sua iniziativa se i grandi teloni serviti per la festa vennero poi divisi tra cento “borghigiane” affinchè potessero utilizzarli per farne lenzuola ed altri capi di biancheria. Negli annali è rimasta la festa aperta a tutti per la ricorrenza del loro quarantesimo anniversario di matrimonio.

“Luvein” morì a sessantanove anni nel 1890. Le sue proprietà passarono ai sette figli nati dal matrimonio con Maddalena. Si calcola che il capitale accumulato ammontasse all’astronomica cifra di duecentomila lire,  in numerose proprietà immobiliari e in terreni.

A conferma di come era stato in vita, anche il ritratto sopra la sua tomba lo testimonia ridente: è forse l’unico in tutto il cimitero…

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