La nascita di una Collezione: il ricordo del Maestro Luigi FerdinandoTagliavini

Luigi Ferdinando TagliaviniIl mio interesse o, forse meglio, la mia passione per gli antichi strumenti musicali ha avuto inizio durante la mia adolescenza grazie all’incontro con gli splendidi organi storici di Bologna, mia città natale, e con il grande, prezioso organo veneziano settecentesco del paese natale di mia madre, Candide di Cadore.

Essi mi rivelarono quel mondo sonoro che mi permise di sentir rivivere nella loro pienezza le pagine musicali del passato. Ma accanto all’organo, che divenne il “mio” strumento, fui affascinato da altri strumenti  musicali, oggetto di recente riscoperta e rivalutazione, primi fra tutti il clavicordo e il clavicembalo. Gli strumenti di questo tipo che si costruivano negli anni Cinquanta erano tuttavia, salvo rare eccezioni, ben lontani dai modelli offerti dagli antichi artefici. Cominciò allora la mia ricerca di strumenti autentici. Il mio desiderio è stato appagato agli inizi degli anni Sessanta da un clavicordo settecentesco che una fortunata circostanza mi fece trovare a Bolzano, dove allora ricoprivo la cattedra di organo al conservatorio. Seguirono, alla fine di quel decennio, una squisita spinetta cinquecentesca, seguita poco dopo da quello che continuo a ritenere lo strumento principe della mia raccolta: il grande clavicembalo costruito a Ferrara nel 1679 dal grande artefice lucchese Giovanni Battista Giusti su committenza del nobile ferrarese Ippolito Bentivoglio. Da allora la collezione ha continuato ad arricchirsi oltre ad ogni previsione e ogni speranza, ed eccellenti restauratori attivi a Bologna mi hanno permesso di portare gli strumenti, quasi sempre pervenuti in felici condizioni, ad efficienza, rendendoli veri “monumenti sonori”.

Bologna. San Colombano: complesso chiesastico costituito da una serie di edifici aggregati nei secoli, a partire dal VII secolo. Ospita la Collezione di strumenti musicali antichi donata dal Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini. Piano primo: Oratorio.

Le vicende legate alla nascita e allo sviluppo della collezione sono costellate d’episodi singolari e “avventurosi”. Tre strumenti sono stati oggetto d’animata contesa del quadro di vendite all’asta: la spinetta napoletana di Alessandro Fabri (1598), l’ “épinette à l’italienne” del francese Louis Denis (1681) e il clavicembalo del fiorentino Vincenzio Sodi (1791-91). Nel caso del secondo degli strumenti citati la fortuna mi ha arriso, manifestandosi nel divieto di circolazione in tutt’Europa delle autovetture in quel sabato 24 novembre 1973, giorno stesso della vendita, il che mi ha probabilmente privato di potenziali concorrenti. La dea bendata non mi è stata certo altrettanto propizia nel caso della spinetta di Fabri che nel corso della vendita, mi è stato pertinacemente conteso da chi – a mia insaputa – avrebbe desiderarlo acquistarlo per poi cederlo… a me stesso.

Il pregio di molti strumenti è accresciuto dalle firme di nomi prestigiosi e la loro bellezza è impreziosita da decorazioni pittoriche attribuite ad artisti quale il Domenichino, Belisario Corenzio, che aveva dominato la scena a Napoli (ahimè anche come “camorrista”) tra Cinque- e Seicento, Jan Frans van Bloemen, detto ”L’Orizzonte”, attivo a Roma tra Sei- e Settecento. Alcuni pezzi possono dirsi rarissimi, quali il cembalo “pieghevole” settecentesco, tipo di strumento da viaggio di cui si servivano, tra gli altri, il celebre cantante Farinelli e il re Federico il Grande di Prussia. Assolutamente unico è poi lo strumento in cui il fiorentino Giovanni Ferrini ha saputo unire assieme nel 1746 clavicembalo e pianoforte.
Di alcuni strumenti hanno potuto essere ricostruite singolari vicissitudini storiche: il sontuoso clavicembalo costruito a Napoli nel 1584 dal veneto Nicolò Albana, è stata suonato a Sorrento da Cornelia Tasso Spasiano, sorella di Torquato Tasso. Uno dei tre cembali della collezioni dovuti al Bolognese Gioseffo Maria Goccini è stato costruito nel 1721 quale dono di nozze per una nobildonna inglese, destinato a trasferirsi dall’“Italica Bononia” all’Inghilterra, dove è rimasto sino al ritorno in patria nel 1981. E menziono, “dulcis in fundo”, uno strumento che a giusto titolo può inserirsi in questo Centocinquantesimo dell’unità d’Italia: un piccolo pianoforte in “tavolo da cucito” che appartenne a Francesca Ciani Camperio, su cui fu accompagnata a Milano da Rossini che le impartì lezioni di canto. Assieme al fratello Giacomo Ciani e al marito Carlo Camperio essa si distinse per ardente patriottismo nel quadro dei moti risorgimentali.

Per decenni ho trepidato per il futuro della mia collezione. Con la creazione del “museo” di San Colombano Genus Bononiae mi ha offerto un’occasione unica: ambienti splendidi e una struttura dotata di tutte le garanzie per la conservazione in piena vita, la continua manutenzione e il godimento pubblico degli strumenti. Non ho esitato a fargliene donazione.

Luigi Ferdinando Tagliavini

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