Gea della Garisenda: una donna, una guerra, una canzone

Gea della Garisenda

Gea della Garisenda


È il 1911
: a cinquant’anni dall’Unità d’Italia, faticosamente raggiunta dopo tre guerre d’Indipendenza, e dopo alcuni tentativi di imprese coloniali finite nel sangue, il nostro Paese si mosse alla conquista della Libia. L’Italia non doveva mostrarsi inferiore alle altre nazioni europee e la Francia aveva appena occupato il Marocco. Il 29 settembre di quell’anno, dunque, venne dichiarata guerra all’impero ottomano sotto il cui governo si trovavano ufficialmente Tripoli e la Cirenaica.

Le giovani generazioni furono incitate a farsi parte attiva nel conflitto e a Bologna il contingente in partenza per quelle lontane terre venne salutato con incredibili manifestazioni di sostegno, seppure – come testimonia Il Resto del Carlino di quei giorni – sotto una pioggia torrenziale.

È trascorso più di un secolo, la Libia è purtroppo un tema di forte attualità per il travaglio che la attraversa e probabilmente i più ne sentono parlare proprio per questo. In pochi, anche nei programmi scolastici, trattano approfonditamente l’argomento. Ma, chi di noi non ha mai sentito intonare, anche solo una volta nella vita: Tripoli, bel suol d’amore…
Sapete chi cantava questa canzone, composta da Colombino Arona proprio nel 1911?

La interpretava Gea della Garisenda (vero nome: Alessandrina Druidi). Nata a Cotignola (RA) nel 1878, si era formata musicalmente a Bologna e il suo nome si ispirava proprio ad uno dei simboli della nostra città. Nome, peraltro, che le aveva attribuito nientemeno che Gabriele D’Annunzio!
Ottima interprete di opere liriche quali la Boheme, volse poi il suo interesse professionale verso l’operetta, genere di cui divenne ben presto una vera e propria stella. Godette dell’amicizia di letterati e musicisti tra i quali Leoncavallo, Carducci e Pascoli.

Impegnata politicamente, nell’autunno 1911 decise di sostenere a suo modo la guerra imminente e la sera dell’8 settembre, al Teatro Balbo di Torino, entrò in scena vestita unicamente del tricolore per intonare la canzone Tripoli, che subito la rese un simbolo. La sua interpretazione rimase memorabile.
Il brano segnò l’inizio della canzone commerciale grazie all’invenzione del fonografo e allo stesso tempo rappresentò il primo caso di osmosi tra canzone leggera e canzone politica.
Negli anni seguenti si ritirò dalle scene.

Morì il 7 ottobre 1961 nella sua bella casa di Villa Verucchio (Rimini), affrescata da Marcello Dudovich.
Un’altra guerra e ben più sanguinosa aveva ormai cancellato la Belle Epoque e il suo mondo…